Domino Club
Storia

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Dal Casino dei Nobili al Domino Club

 

A Bologna nel 1725 in alcune sale al piano terreno del palazzo senatorio Casali in Via Miola (odierna Via Farini 24-26) fu costituito un ritrovo per divertimenti, balli, accademie musicali e spettacoli teatrali. Nel 1765 i «Cavalieri uniti della conversazione nobile» presero in locazione dal Conte Camillo Turrini Rossi un appartamento nel suo palazzo di Via Santo Stefano 29. I Cavalieri versavano una quota mensile  per dotare la società dei mobili e delle suppellettili necessarie, far fronte alle spese dei divertimenti e stipendiare il personale di servizio. Nel 1795  il custode Lorenzo Monteroni, di simpatie giacobine, rubò tutta l’argenteria, la diede in pegno e fuggì da Bologna con il ricavato.

Il «Casino dei Nobili»  rimase attivo fino al 1796 quando, con l’arrivo delle truppe francesi, ne fu disposta la chiusura perché vi si accettavano solo nobili («i buffoni titolati») e ne restavano esclusi i borghesi («ogni galantuomo»).  Ne fu tentata immediatamente una ricostruzione in senso democratico: la nuova società denominata «Casino Civico» ebbe sede nel palazzo Panzacchi, all’attuale civico 45 di Via Santo Stefano, e  accolse persino –nel 1798– Giuseppe Gioannetti, il «degenere» nipote dell’arcivescovo di Bologna, uno dei più attivi e arrabbiati giacobini bolognesi.

Nel 1799, con la reazione austro-russa, “venne prurito a varj Nobili di aprire il così detto Casino Nobile, e ottenutane dalla Reggenza la permissione l’ultimo giorno di Carnevale [1800] si riaperse in Casa Zagnoni in via Castiglione, cominciando con gran festa di Ballo prima di mezza notte che durò fino verso giorno”. Ma in seguito al ritorno dei francesi il «Casino Nobile» tornò ad essere «Casino Civico».

Ritornata nella sede settecentesca di Palazzo Rossi in Via Santo Stefano, nel 1809 assunse la denominazione di «Società del Casino» e si trasferì al piano nobile del Palazzo Vizzani-Lambertini (ora Sanguinetti) di Via Santo Stefano 43 che i soci vollero rimettere a nuovo, chiamando a decorare la sala nientemeno che Felice Giani.

L’appartamento affittato dal Casino consisteva di undici stanze al piano nobile, più una sala a pianterreno. Oltre all’ingresso, dove fu sistemata la «bottiglieria», e all’attigua stanza dei camerieri, una fuga di sei camere portava alla sala grande, una delle più ampie di Bologna secondo il Guidicini, che ne indica le misure in 36 piedi di lunghezza e 33 piedi e 6 once di larghezza (cioè in metri 13,68 x 12,73). Annesse alla sala grande c’erano una saletta e una camera con accesso anche autonomo, destinate a residenza della Direzione. Nel 1813 si allargò la sede affittando altre due camere e una galleria. L’ingresso era sotto il portico che si affacciava sulla piazzetta di San Biagio (ora comunemente detta «Garganelli»), ma carrozze e portantine potevano entrare dal cortile che si apriva di fianco sull’attuale Via Rialto.

Qui la società rimase tredici anni, e vi si avvicendarono quasi ottocento iscritti, fra nobili, professionisti, commercianti, impiegati. Nel 1823, a causa del cambio di proprietà dello stabile, si trasferì nel Palazzo Amorini Bolognini in Piazza Santo Stefano, dove rimase sino al 1854.

Secondo gli statuti elaborati nel 1809 e riscritti senza sostanziali modifiche nel 1823 gli «oggetti di trattenimento» comprendevano la lettura di giornali italiani e francesi e di riviste scientifiche, letterarie e di moda; giochi vari (lotto, biliardo, carte); concerti ed accademie di musica; accademie di poesia; esercizi e feste di ballo; esercizi di scherma.

Ogni attività era affidata alle cure di una commissione apposita e poteva contare su una parte degli introiti derivanti dalle quote mensili pagate dai soci. La vita quotidiana della Società (il Casino, a parte le occasioni straordinarie di feste o accademie, era aperto tutti i giorni da mezzogiorno a mezzanotte) si reggeva sul gioco e sulla semplice conversazione, ma aveva un momento importante nella possibilità di avere a disposizione una buona varietà di giornali politici, letterari e scientifici, fra cui le gazzette delle principali città italiane e alcune estere (Francoforte, Losanna, Vienna, Parigi), gli Opuscoli letterari e gli Annali dell’Agricoltura di Filippo Re.

Fra i trattenimenti straordinari, mentre gli esercizi di scherma, con l’organizzazione di «assalti» fra dilettanti soci o militari invitati, non godette mai di grande favore, la poesia prese nuova vita, nel 1819, con la costituzione di una società in parte autonoma (nel senso che poteva aggregare anche persone che non fossero iscritte al Casino), denominata Accademia Felsinea. L’Accademia Felsinea, che gestì da allora in poi gli incontri poetici della Società, può gloriarsi di aver avuto come ospite, fra oratori, improvvisatori e poeti in gran parte dimenticabili, anche Giacomo Leopardi: che, il 27 marzo 1826, “in presenza del Legato e del fiore della nobiltà bolognese, maschi e femmine” (come lui stesso vantò scrivendo al fratello Carlo), vi recitò l’Epistola al Conte Carlo Pepoli.

Altrettanto, se non maggiormente, curati furono i trattenimenti musicali. Tutte le domeniche, “dal mezzodì sino alle tre ore pomeridiane”, c’era un concerto al pianoforte con brani del repertorio operistico in voga (“Il y a de fort jolis concerts le dimanche matin au Casin”, scrive anche Stendhal) e, a cadenza variabile, concerti la sera con la presenza dell’orchestra. Artisti ospiti erano per lo più i cantanti delle compagnie che si trovavano ad agire nei teatri cittadini: con nomi importanti, quali Gertrude Righetti Giorgi, Isabella Colbran, Marietta Marcolini, Elisabetta Manfredini Guarmani, Adelaide Malanotte, Giovanni David, Claudio Bonoldi, Giovanni Battista Rubini.

Fra gli strumentisti di fama che si esibirono al Casino spicca il nome di Nicolò Paganini, presente in quattro concerti negli anni 1811 e 1818, e quello di Felice Radicati, che ricoprì il ruolo di primo violino e direttore d’orchestra dal 1815 fino all’immatura morte (cadde da una carrozza in corsa) il 20 marzo 1815. All’attività musicale del Casino è legata in maniera indissolubile la figura di Francesco Giovanni Sampieri, compositore dilettante, pianista e mecenate, che per lunghi anni ricoprì l’incarico di Direttore della musica.

Festa da ballo tenutasi il 20 gennaio 1839 nella sede di Palazzo Amorini Bolognini

 

Brillanti, affollate (ogni socio aveva a disposizione un certo numero di inviti da distribuire) e particolarmente attese erano le feste di ballo, con maschera o senza, date durante il carnevale. Erano precedute da un concerto con orchestra, accompagnate da rinfreschi, e duravano anche fino alle prime ore dell’alba: quella del febbraio 1809 talmente affollata che alla fine si fece confusione nella restituzione di tabarri e soprabiti. Celebri rimasero le feste del carnevale del 1814, a cui partecipò un Gioacchino Murat intento a conquistare credito presso il ceto dominante bolognese.

Nel periodo della Restaurazione il Casino divenne un vero e proprio laboratorio politico, un campo “neutro” nel quale si ritrovavano favorevoli e contrari al governo pontificio e all’unità d’Italia. Molti sarebbero stati i suoi esponenti compromessi con i moti del ’31 – a cominciare dal conte Pepoli – e molti soci avrebbero svolto importanti attività politiche sia nel governo pontificio che in quello italiano dopo l’Unità: ricordiamo Marco Minghetti, Carlo Berti Pichat, Rodolfo Audinot, Luigi Loup assieme ad altri che parteciparono alle battaglie risorgimentali, come Pietro Pietramellara e Alessandro Guidotti, entrambi caduti in combattimento nel 1848.

Dal 1849 l’attività diminuì per evitare contatti e scontri con il governo austriaco, che impose frequenti e temporanee chiusure alla sede della Società. Nel 1854, a seguito di un provvedimento governativo stabiliva che le accademie letterarie, musicali e teatrali devono tenersi alla presenza di ufficiali austriaci, la Società del Casino sospese le proprie attività e nel 1855 deliberò il proprio scioglimento. Riattivata nel 1863 presso la sede originaria di Palazzo Casali, il 2 aprile 1866 la Società del Casino mutò la sua denominazione in «Domino Club».

Trasferitasi successivamente a Palazzo Pepoli, in Piazza del Francia, nel 1894 fu acquistata la nuova sede di Via Castiglione 16, dove il Circolo si riunisce tuttora. Nei suoi quasi tre secoli di vita, il Circolo ha annoverato fra le sue fila numerosi Soci illustri e accolto nelle sue sale personalità eminenti.